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Channel: Commenti a: Resistenza agli antibiotici: selezione non evoluzione
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Di: Michele Forastiere

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Cari amici, permettetemi una piccola considerazione.
E’ chiaro a tutti, penso, come sia facile immaginare una (plausibile ?) “narrazione selezionista” adatta all’uopo: evidentemente una forma di resistenza primitiva a (ogni tipo di ?) molecole potenzialmente dannose è apparsa per caso in una popolazione batterica antenata di E. coli, e mediante gli usuali meccanismi microevolutivi si è fissata nei discendenti odierni. Che so, gli antichi batteri potrebbero essersi imbattuti in una serie di antibiotici naturali, e sarebbero sopravvissuti solo quelli dotati di una forma primitiva del meccanismo di difesa molecolare osservato oggi.
Già, ma… “una domanda sorge spontanea” (come si diceva una volta); o meglio, due domande.
1) Quando sarebbe successo?
2) Quale sarebbe stato l’avvenimento che avrebbe scatenato la specifica pressione selettiva?
Mi pare evidente che la spiegazione darwinista non sia in grado di fornire risposte che vadano al di là della mera congettura qualitativa, forse nemmeno potenzialmente (vale a dire, in vista di possibili esperimenti futuri).
Il motivo è semplice, a mio avviso: poiché un meccanismo di resistenza agli antibiotici si riscontra in tutte le specie di batteri moderni, se ne deve dedurre che esso sia stato selezionato già nella popolazione del loro UCA (Universal Common Ancestor). Ora, non sono certo un esperto di microbiologia: però ritengo estremamente improbabile un’identificazione “fossile” dell’UCA batterico, tale da fornire dati sicuri sul suo funzionamento al livello bio-molecolare.
E dunque? Il paradigma darwinista dimostra ancora una volta di non avere alcun potere esplicativo: persistendo in un’analisi totalmente incentrata sul binomio caso-selezione naturale finisce (ogni volta, inevitabilmente) per allontanare il focus dai fatti scientifici esaminati, portandolo a qualche istante indeterminato del lontano passato. Onestamente, non mi pare una procedura scientificamente “compelling” (vale a dire, convincente in modo inequivocabile).
Il guaio (per il darwinismo) è che il tempo è sì “profondo”, ma non poi più di tanto… col che si finisce per dover dire davvero che ogni più piccolo evento della storia della vita deve essere dipeso da una serie incredibile di – astronomicamente improbabili – colpi di fortuna. Se si pensa, infatti, che l’UCA batterico potrebbe essere apparso solo pochi milioni di anni dopo l’abiogenesi, si comincia a capire che deve esserci stato davvero poco tempo a disposizione perché si verificassero “per caso” un sacco di cose interessanti: come, tanto per dire, l’evoluzione del meccanismo biochimico alla base della resistenza agli antibiotici.
Certo, può essere successo davvero per caso: questo non si mette in dubbio. Ma quando, e grazie a quale serie di mutazioni casuali? Ecco, quanto alla possibilità di portare prove scientifiche concrete a riguardo… la vedo francamente un po’ dura.


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